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 774 - QUESTIONI DI DEMOCRAZIA. TUNISIA E ITALIA: UNA SFIDA CONDIVISA?

 

Nel quadro della delicata transizione democratica che sta vivendo la Tunisia da tre anni a questa parte e alla luce delle difficoltà incontrate dai 217 membri dell’Assemblea Costituente nella compilazione della nuova Costituzione tunisina, eminenti personalità del panorama culturale, politico ed economico italiano si sono ritrovate a Tunisi lo scorso 11 gennaio per discutere alcune di quelle problematiche che da sempre rendono impervio il passaggio da una forma di governo dittatoriale alla democrazia.

L’incontro, ospitato dall’Istituto Italiano di Cultura in Avenue Mohammed V, è stato fortemente voluto dalla Fondazione Alcide De Gasperi, istituzione che porta il nome del padre della ricostruzione democratica in Italia e che a tutt’oggi vanta un Presidente Onorario come Maria Romana De Gasperi. Ed è stata proprio la figlia del celebre statista, in apertura di questa giornata dedicata alla democrazia, a tracciare in modo quanto mai nitido la figura di questo uomo di fede che ha costruito la democrazia animato dall’amore per il prossimo e da uno straordinario senso della giustizia.

Partendo dalla visione della Democrazia Cristiana, che si è fatta carico nel Secondo Dopoguerra della grande sfida di sdoganare in Italia un nuovo sistema di governo democratico, il seminario ha proposto la riflessione sugli intricati rapporti tra fede, politica e Stato italiano in un momento di netta cesura con il passato così complesso come quello della transizione che avrebbe portato, dopo la fine del regime fascista, al sorgere di una nuova classe politica e al mutamento delle istituzioni grazie all’adozione, nel 1947, della nuova Carta Costituzionale.

Fine ultimo della manifestazione “Italia e Tunisia. La sfida condivisa della democrazia.” è stato quello di condividere con la Tunisia post-rivoluzionaria, che ha da poco intrapreso il cammino di creazione e salvaguardia dei principi democratici fondamentali, le esperienze già vissute in questo campo dall’Italia. A tal proposito, va sottolineata la dichiarata volontà da parte italiana di fornire ogni aiuto possibile a questa giovane Tunisia senza alcuna pretesa di salire in cattedra. Ecco, dunque, che la condivisione di visioni e conoscenze è stata il filo conduttore dei vari interventi susseguitisi nel corso della giornata. Del resto, l’obiettivo non poteva essere altro se non questo, soprattutto considerato il carattere solo apparentemente stabile del concetto di democrazia che, invece, per forza di cose, non può avere ovunque lo stesso significato, perché diversi sono i contesti culturali e diversa la natura delle vicissitudini storiche che conducono, di volta in volta, alla rottura con un precedente sistema totalitario in vista dell’attuazione democratica.

La domanda a questo punto inevitabile è la seguente: è davvero possibile trovare un terreno condiviso di valori tali da consentire a questi due Paesi fratelli di imparare dalle altrui vicende democratiche? Dal punto di vista di chi scrive, la risposta –  negativa – è probabilmente altrettanto inevitabile e trova ragion d’essere nella conclusione dei lavori, al termine dei quali nessuno dei presenti ha potuto – o voluto –azzardare un parallelismo reale tra le esperienze di Italia e Tunisia e, più specificamente, tra democrazia cristiana e democrazia islamica, laddove la dimensione religiosa assume in effetti proporzioni fin troppo vincolanti che impediscono qualsiasi concreta possibilità di confronto.

In definitiva, si è parlato molto di Italia, ci si è soffermati ad analizzare con dovizia di particolari ciò che è stato oltre le sponde del Mediterraneo, ma si è preferito rimanere cauti – forse in modo eccessivo – nell’esprimere un giudizio e nel prendere posizione su quello che sta succedendo nell’hic et nunc del palcoscenico politico e sociale della nuova Tunisia. La verità è che l’idea cristallizzata di un’unica democrazia esportabile così com’è in tutto il mondo è e resterà un’utopia di stampo orientalista che Said avrebbe dovuto aiutarci a superare ormai da diverso tempo, ma che evidentemente fatichiamo ancora a lasciarci alle spalle.

Uno dei pochi espliciti consigli rivolto agli «amici tunisini» presenti all’incontro, su cui molti dei presenti hanno concordato, è la priorità di non proclamare semplicemente la libertà, bensì di renderla possibile, tangibile, quotidiana attraverso la pubblica assunzione di precise responsabilità nei confronti di questa grande nazione ricca di storia e di civiltà che ha saputo conquistarsi con il sangue dei propri uomini la possibilità di essere migliore, vincendo, almeno sul piano morale, una rivoluzione che ha aperto il dialogo al pluralismo e alla partecipazione democratica.

In effetti, a oggi alcuni importanti passi in avanti sono stati compiuti, uno tra tutti l’approvazione dell’articolo 20 che sancisce l’uguaglianza costituzionale tra uomini e donne «senza discriminazioni» e che ha raccolto 159 voti favorevoli su 169, una larga maggioranza frutto di un compromesso tra Ennahda, il partito islamista al governo, e l’opposizione laica. Molti passi decisivi restano, tuttavia, ancora da compiere e in attesa che ciò avvenga non possiamo che augurare ai nostri vicini più prossimi del bacino mediterraneo la piena realizzazione di questa tanto agognata transizione verso la democrazia.

 

Sabina Baccaro

 

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