NOSTRI PROBLEMI
Tra il 22 e i25 maggio, si terranno nei 28 stati membri, le elezioni europee. L’Europa s’interroga su se stessa e tra spinte europeiste ed anti europeiste si alimenta il dibattito su come dovrebbe essere o diventare l’UE. Gli estremismi inquietano perchè sono in progressione anche se non dovrebbero costituire una reale minaccia agli equilibri esistenti ma gli euroscettici potrebbero costituire un fronte di forte opposizione che rischia se non di modificare almeno di intralciare il lavoro di chi invece ritiene che l’avvenire dell’Europa sia l’Europa stessa.
Gli anti-europeisti hanno iniziato la loro campagna elettorale in Italia spiegando agli italiani che votare chi difende l’Europa (cioè il PD) significa “tagli sulla Sanità pubblica, tagli sulle pensioni e sugli stipendi pubblici, tagli sulle politiche sociali” e rischio di “grecizzazione” dell’Italia mentre il Partito democratico, forte della sua alleanza con i socialisti europei ribadisce che occorre “rafforzare la piattaforma dei progressisti europei per salvaguardare l’euro e accelerare l’integrazione politica,economica e fiscale per portare a compimento le promesse della moneta unica permettendo che si dia concretezza all’ideale orizzonte degli Stati Uniti d’Europa in una nuova architettura istituzionale dell’Eurozona.”
Se un’Europa senza Europa sembra una contraddizione nei termini è chiaro pero’ che occorrerà ancora spiegare agli italiani (e non solo) come e perchè un avvenire senza o con meno Europa sia una preclusione del suo stesso divenire ma per questo occorre anche spiegare che nazione ed UE non sono antitetici, che UE non significa solo rigore e punizione, che i suoi funzionari non sono solo espressioni intangibili di un potere che infrange i poteri nazionali e ne condiziona le scelte economiche creando molti disagi economici nei paesi in cui la crisi e la disoccupazione sembrano diventare l’unico orizzonte in particolare per le giovani generazioni.
Il Premier Renzi risponde alla sfida degli euro-scettici affermando da una parte che «rispetteremo tutti gli impegni» con «conti in ordine non per UE ma per i nostri figli» ma ribadisce anche che «dobbiamo fare in modo che l’Europa sia l’Europa dei popoli e dei cittadini e non solo dei vincoli”.
Le misure prese per aumentare le buste paga dei cittadini meno abbienti e per tentare di ridurre i maxi stipendi sembrano in questo senso essere una prima forma di risposta a chi ritiene che solo chi è più povero paga.
In Tunisia anche si combatte contro l’impoverimento della popolazione cercando di rilanciare l’economia. Le visite di Medhi Jomâa prima negli Stati Uniti, negli Emirati ed ultimamente in Francia ci indicano come il Premier tunisino stia cercando di ottenere fondi e promesse di investimento per tentare di arginare la crisi che dalla «rivoluzione» pesa sempre più fortemente sulla popolazione. Il rincaro della vita, l’assenza di prospettive per i giovani, le continue minacce alla sicurezza con la scoperta di sempre nuovi campi d’addestramento per i terroristi jihadhisti (ultimo quello scoperto nelle vicinanze di Jendouba), gli scontri sul monte Chaambi, il progressivo ritorno via la Libia dei jihadhisti tunisini dalla Siria, il commercio illegale, la situazione libica pesano molto sulla ripresa economica malgrado gli sforzi compiuti in materia di sicurezza.
Anche in Tunisia un piano di austerità è da prevedere se si vuol tentare di uscire dalla crisi. Intanto il Fondo Monetario Internazionale ha annunciato che presterà alla Tunisia 225 milioni di dollari per aiutarla in questo delicato momento di transizione politica. Questo nuovo prestito si aggiunge a quello ottenuto in giugno scorso per un totale di 888 millioni di dollari.
La situazione nel mondo non è più rosea tra la crisi ucraina e la condanna a morte di quasi 700 egiziani pro Morsi in Egitto. Anche se la maggior parte di queste condanne saranno commutate, queste sono dei segnali inquietanti per chi aveva creduto nella rivoluzione democratica egiziana. Delle rivoluzioni arabe rimane ben poco oggi ed è forse anche per questo che la transizione democratica in Tunisia diventa cosi’ tanto esemplare.
E a questo proposito non possiamo non rilevare in conclusione un progresso non indifferente della Tunisia in materia di diritti col deposito del governo tunisino in data del 28 aprile della notificazione presso il segretario generale dell’ONU nella quale si ritirano le riserve e le obiezioni formulate precedentemente dalla Tunisia relative alla Convenzione per l’eliminazione di qualsiasi forma di discriminazione contro le donne (CEDAW).
Il ritiro di queste riserve era stato da anni una delle rivendicazioni dei movimenti femministi tunisini.
Quali sono i termini di questa convenzione?
“Ogni distinzione, esclusione o restrizione, sulla base del sesso, che ha l'effetto o lo scopo di compromettere o annullare il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, da parte delle donne, a prescindere dal loro stato civile, su una base di parità tra uomini e donne, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo, senza stereotipo di ruolo di genere.”
La Tunisia aveva ratificato questa convenzione nel 1985 con numerose riserve tra cui quello relativo alla nazionalità (art.9), quello relativo all’eguaglianza dei diritti (art.15) e quello relativo al diritto matrimoniale (art.16).
Alla vigilia del 1 maggio questo fatto ci sembra di buon augurio!
|