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Il Corriere di Tunisi
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Il Corriere di Tunisi “online” riporta le principali notizie pubblicate dal giornale distribuito in abbonamento e in vendita in edicola


In “lettere” la voce dei lettori che ci possono scrivere anche via email


 

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 848 – 200 [nuova serie]

   

 

NOSTRI PROBLEMI

 

Come ha potuto un semplice fatto di cronaca avvenuto il 25 maggio 2020 nella città di Minneapolis in Minnesota, negli Stati Uniti, risvegliare il demone americano del razzismo e la crisi di una democrazia in cui un rappresentante dell’ordine, un poliziotto, in risposta alla chiamata di un negoziante, uccide un uomo, George Floyd, premendo il ginocchio sul suo collo per 8 minuti e 46 secondi, senza che gli altri agenti tentino di fermarlo?

L’odio razziale, la perdita dei valori di giustizia e libertà e soprattutto del primo fondamento della democrazia, ossia l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, hanno generato proteste, manifestazioni, rivolte e scontri violenti durati più di 10 giorni.

Mentre la polizia sparava lacrimogeni e proiettili di gomma contro chi protestava davanti alla Casa Bianca, il presidente Trump, sotto scorta, si recava alla vicina chiesa episcopale di St. John per farsi fotografare con la Bibbia in mano (una mania contagiosa?) dichiarando che i manifestanti erano dei terroristi.

La tragica morte di Floyd, che sarebbe probabilmente passata inosservata se non avesse una volta ancora risvegliato la non risolta questione razziale negli Stati Uniti, ci pone dinanzi al problema più generale di una società democratica che, seppur con declinazioni e gradi diversi, non riesce a tutelare i diritti e dare protezione a tutti coloro che, in un dato momento della loro esistenza, si trovano ad essere in una condizione di debolezza di fronte al potere: si veda la questione dei migranti lasciati morire in mare, i discorsi di odio verso il diverso che trovano un riscontro politico e culturale sempre più imponente in varie parti del mondo, i populismi e la loro espressione estrema, il nazionalismo, l’incapacità di dare risposte unitarie di fronte alla tragedia umana, sociale ed economica generata dalla pandemia ancora in atto, anche se in regressione in Europa e nel Nordafrica in questi ultimi giorni, malgrado l’inquietudine provocata da nuovi casi in Lombardia.

Sebbene le democrazie diano deboli segnali di risposta ai nostri interrogativi, è solo attraverso di esse che possiamo riaffermare i loro stessi valori fondativi quali la libertà e l’eguaglianza.

Il rischio delle democrazie attuali risiede però nel fatto che, come affermava Habermas, la manipolazione politica può vanificare la funzione essenziale di partecipazione alle scelte e diventare il mero strumento di un’esigua élite che modella l’opinione pubblica, la quale nata inizialmente come istanza di controllo dello stato politico e di garanzia dei diritti dell’individuo, è diventata una macchina di produzione di consensi e di controllo della società. L’opinione pubblica quindi, anziché produrre emancipazione e libertà, ragione per la quale era stata rivendicata già nell’Ottocento, ha generato manipolazione ed annullamento del senso critico nei cittadini, come confermato oggi da chi, anche su false notizie, è capace di condizionarla.

In un contesto contemporaneo così provato dal virus Covid-19, la manipolazione dell’opinione pubblica ed i rischi corsi dalla democrazia sono ingenti.

La pandemia ha anche cambiato le nostre abitudini: l’Aîd festeggiato tradizionalmente con strade piene di bambini, con un viavai di visite e di spostamenti tra le varie regioni tunisine, quest’anno è stato decisamente silenzioso, così come la ricorrenza del 2 giugno per l’Italia.

Viviamo tra speranza e paura: la speranza che l’allentamento della morsa del confinamento possa permettere una ripresa delle attività economiche e sociali e la paura che nuovi picchi di contagio si possano riprendere le timide libertà di spostamento che abbiamo ultimamente riconquistato.

In Tunisia, seppur con misure di sicurezza, la popolazione sente che la pandemia è alle spalle e spera che il 14 giugno sia confermata l’apertura delle frontiere prevista per il 27 giugno. Speriamo che questo nuovo inizio sia sinonimo di ripresa!

Il Corriere di Tunisi, nel segno del ritorno alla normalità riprende con l’edizione cartacea, dopo la pubblicazione di due numeri digitali (aprile e maggio), nel segno della riapertura di cui la redazione tutta è ben lieta, nella speranza che non vi siano ulteriori interruzioni delle attività.

 


 


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 847 – 199 [nuova serie]

per leggere questo numero cliccare qui:

https://www.yumpu.com/it/document/read/63327831/il-corriere-di-tunisi-n199-maggio-2020

NOSTRI PROBLEMI

La fase 2 è iniziata sia in Tunisia che in Italia. Molti altri paesi hanno anticipato o posticipato di pochi giorni l’inizio di una parziale riapertura delle attività ed un allentamento delle misure di confinamento anche se questo sapore di libertà, pur essendo propiziatorio di libertà future, rimane ancora troppo mirato ad alcune categorie di età e di lavoratori per non suscitare in noi questo sentimento di precarietà e di fragilità, frutto di un insicuro procedere in un cammino che si colora, di volta in volta, di oscuri presagi o di ottimistiche speranze. L’incapacità di prevedere l’esito delle misure proposte ed alle quali però sarebbe, a dir poco incosciente non attenersi, mette a dura prova il morale dei cittadini. La paura di una riaccelerazione dei contagi con l’inizio della fase 2 alimenta un orizzonte mentale in cui le nozioni di limite, di controllo, di contenimento, di chiusura, di minaccia, di sospetto e d’accusa vanno ben oltre il puro sentimento personale poiché trovano nel linguaggio economico e politico declinazioni alquanto preoccupanti. Eppure mai come in questo momento di crisi internazionale, parole come collaborazione, solidarietà, apertura, fiducia sarebbero vitali per una nostra possibile ripartenza. L’incertezza del domani, in effetti, non deve indurre il dilagare del sospetto nei rapporti politici, economici e culturali. Il nazionalismo sfrenato, l’esaltazione autarchica, la gara a chi vince per primo la corsa alla scoperta del vaccino anti Covid-19, annebbia l’orizzonte etico della protezione dell’umanità dalla pandemia spostandolo ad una mera corsa al monopolio del brevetto per utilizzarlo anche ai fini di un vantaggio politico. Il susseguirsi di accuse complottistiche (vedi Cina-Stati Uniti), le inutili frizioni, in questo momento delicato per tutti, funzionali a protagonismi politici ed elettorali, ci danno il senso di questo “malessere della civiltà” che da molti anni viviamo e che la pandemia ha esposto più crudelmente di prima. Purtroppo le piccole guerre tra partiti, tra Stati, tra grandi multinazionali, danno la misura di quanto sia fragile il nostro pianeta alla mercé di ulteriori scosse in un mondo già terremotato. Per fortuna, la comunità scientifica internazionale continua a collaborare ed anche cinesi con statunitensi e ciò malgrado la strategia della tensione che i politici cercano costantemente di alimentare. Gli europei (checché ne dicano gli antieuropeisti!) attraverso la costituzione di un forum europeo per la ricerca sta raccogliendo finanziamenti per coordinare le ricerche e poter ridurre i tempi di produzione di un vaccino. Sulla competizione spietata e nazionalista vince di certo la collaborazione, la fiducia e l’apertura che ne conseguono. In Tunisia la riapertura è stata annunciata in tre successive fasi: una prima dal 4 maggio al 14 giugno, dalla quale dipenderanno le due fasi successive dal 24 maggio al 4 giugno e dal 4 al 14 giugno, con riapertura completa di tutte le attività dal 14 giugno. Ogni fase potrà però subire modifiche a seconda della situazione epidemiologica riscontrata nel Paese. Il timore di una seconda ondata della pandemia è forte e presente in tutti i paesi che stanno sperimentando il passaggio dal confinamento totale ad una riapertura mirata e circoscritta. In Tunisia l’inizio del Ramadan, le difficoltà economiche, specie dei lavoratori giornalieri, e forse una certa incredulità di fronte ai rischi di contagio, hanno già provocato molte violazioni all’obbligo di confinamento. Se l’apertura mirata sarà controllata e non anarchica, questa senz’altro permetterà di dare un certo respiro alla popolazione anche se non tutti i settori potranno riprendere le attività. Le donne e gli anziani sono senza alcun dubbio i più penalizzati e, come ironicamente hanno scritto alcuni articolisti, la fase 2 è per lo più maschilista! In Italia, la fase 2 è iniziata e tutti la guardano con ansia per poter seguire o meno i suoi passi. Molte le misure di controllo messe in atto per evitare una nuova impennata nei contagi. Per tutti, incrociamo le dita poiché da tutti dipende il nostro io e viceversa! Portiamo le mascherine e continuiamo anche se a fatica rispettando le misure di distanziamento sociale. Buon fine di Ramadan a tutti i musulmani sperando che con l’Aîd si possa festeggiare più convivialmente la fine del mese di digiuno.



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 846 - 198 [nuova serie] - aprile 2020

 

 

per leggere questo numero cliccare qui

 

https://www.yumpu.com/it/document/read/63200885/corr-198-aprile-2020

 

NOSTRI PROBLEMI

 

Solo quando il confine del mondo è la nostra casa, realizziamo quanto sia importante il poter andare oltre in un altrove che diventa meta vicina e seppur lontana per sperare in un domani migliore!

Chissà se questo virus ci permetterà di cambiare il nostro approccio alla vita, al mondo, ai nostri rapporti con gli altri o se, per tutti coloro che ce la faranno, tutto riprenderà come prima col treno della nostra indifferenza, con il desiderio sfrenato di offendere, sminuire, distruggere, odiare, dominare!

Chissà se come nel Medioevo avremo bisogno di trovare capri espiatori per alleviare la nostra esistenziale paura della morte!

Chissà se realizzeremo quanto la cosa pubblica sia importante e se i governi del mondo futuro penseranno che sanità e ricerca siano priorità assolute nel budget di uno Stato e se il diritto alla sanità diventerà uno dei diritti fondamentali ed imprescindibili dell’uomo?

Si dice che questo coronavirus non guardi in faccia nessuno e che tutti siano eguali e fratelli nel contagio ma di fatto non siamo eguali e fratelli nell’affrontare e combattere il nostro isolamento, nella nostra possibilità di resistere finanziariamente a questa quotidianità senza lavoro specie per chi lo ha perso (e chissà se e quando lo ritroverà) o per chi vive alla giornata, senza nessun tipo di tutela sociale ed economica.

Si, gli Stati stanno cercando di dare risposte ma dopo pochi giorni di confinamento gli Stati Uniti hanno già dieci milioni di richieste di sussidio di disoccupazione, in Italia  100 richieste di sussidi al secondo sul sito dell’INPS per ottenere il bonus di 600 euro, con un sistema informatico che dopo poche ore è andato in tilt, in Tunisia le misure decise del governo con 200 dt alle famiglie non abbienti basteranno a sfamare chi non ha uno stipendio fisso, con un rischio di protesta sociale elevato? E non parliamo di paesi come l’India dove le immagini di esodo “biblico” dalle città sono apocalittiche o dei senza tetto parcheggiati in spazi riservati alle macchine o dei campi profughi dove c’è impossibilità di confinamento e nessuna protezione sanitaria laddove il rischio di contagio è decuplicato.

In questi momenti dolorosi e da non dimenticare domani quando le cose (speriamo presto) ritorneranno alla normalità, l’idea di giustizia, umanità e fratellanza dovrebbero guidare i nostri passi. La nostra intrinseca vulnerabilità dovrebbe farci prendere coscienza della vulnerabilità del mondo, dei suoi abitanti, di come un semplice virus sia capace di trasformare il mondo, noi stessi, noi altri! Ricordiamocelo domani quando la normalità tenterà di cancellare che non ci si può salvare se non adottiamo misure unitarie e congiunte!

Ricordiamoci che girare le spalle agli altri non ci protegge anzi ci espone molto, che ogni giorno superato è una vittoria, che vivere è la priorità di tutti, che la nostra irrimediabile finitudine è il senso profondo della nostra esistenza.

Che riecheggi nella nostra coscienza questa frase di Tolstoj una volta riconquistato il nostro domani: “Siedo sulla schiena di un uomo, soffocandolo, costringendolo a portarmi. E intanto cerco di convincere me e gli altri che sono pieno di compassione per lui e manifesto il desidero di migliorare la sua sorte con ogni mezzo possibile. Tranne che scendere dalla sua schiena.”

Infine ed essendo impossibilitati a pubblicare il giornale in versione cartacea per causa di confinamento in Tunisia e chiusura temporanea della tipografia, pubblicheremo sul sito http://www.ilcorriereditunisi.it/ e sulla nostra pagina facebook (Il Corriere di Tunisi) il giornale in pdf. Ringrazio tutti coloro che hanno collaborato a questo numero del giornale, il primo non in versione cartacea, proprio quando il giornale compie i suoi 64 anni di pubblicazione ininterrotta. Un ringraziamento particolare va a Cinzia, Marco e Mino che hanno reso possibile questo numero che sino all’ultimo era stato improbabile!


 


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 845 – 197 [nuova serie]

 

NOSTRI PROBLEMI

 

Dopo lunghi mesi di attesa, di discussioni e di compromessi la Tunisia ha finalmente un governo. Cercando di accontentare molti si rischia di fare molti scontenti ma la governabilità di un paese è superiore alle beghe partigiane. Elyes Fakhfakh, dopo molte concessioni, è riuscito ad ottenere la fiducia del Parlamento con 129 voti a favore, 77 contrari e 1 astensione, superando largamente la soglia necessaria (109 voti) per poter dare il via al nuovo governo, ormai insediatosi da pochi giorni. Un équipe formata da uomini di partito e indipendenti che tenta di ricomporre e compattare il mosaico parlamentare, escludendo però alcuni partiti come Qalb Tounes, Al Karama, Partito Desturiano Libero (Pdl), Machrou Tounes e Afek Tounes che rimangono nell’opposizione.

Pacificato almeno per un tempo lo scontro politico in Tunisia, questa dovrà affrontare la sfida del rilancio dell’economia ridando fiducia nelle istituzioni dello Stato, ma anche avere la capacità politica di potersi destreggiare in una situazione internazionale delle più complesse, tra un’Europa in crisi, una guerra che dalla Siria alla Libia vede sempre più impegnate forze straniere a difesa dei loro interessi, a scapito delle popolazioni prese in ostaggio e strette in una morsa mortale. Ad aggiungersi alle tante difficoltà presenti, la diffusione dell’epidemia del COVID-19 dalla Cina al mondo, con misure di precauzione dovute e che però creano un clima di panico generalizzato con accenti xenofobi intollerabili e che sta già provocando una decrescita economica di cui ancora non è facile misurare sul piano internazionale le temibili conseguenze.

L’Italia in primis, considerando l’epidemia da COVID-19 un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale si è vista costretta ad adottare misure radicali tra cui la chiusura delle scuole e delle università, l’annullamento di conferenze pubbliche, di congressi, di eventi, di competizioni sportive dove sia prevista una concentrazione di persone, ma anche una limitazione dei viaggi per tentare di ridurre al minimo i rischi di contagio e probabilmente sarà seguita da molti altri paesi europei, tra cui la Francia anch’essa molto colpita dalla velocità con la quale il virus si sta diffondendo. Anche la Tunisia comincia ad essere colpita dall’epidemia ma al momento in forma ridotta. Ormai sono note a tutti le misure precauzionali da adottare, in primis il lavarsi frequentemente le mani e chiamare il Pronto Soccorso in caso di comparsa dei primi sintomi della malattia.

L’emergenza sanitaria non può però oscurare l’emergenza umanitaria. Lo scontro in Siria a Idlib tra le forze governative di Bashar al-Assad, sostenute dalla Russia di Vladimir Putin, e i ribelli nel Nord Ovest del Paese, sostenuti dalla Turchia di Recep Tayyip Erdogan, seminano morte ed è in atto un massiccio esodo della popolazione. In questi giochi tra potenze che permettono la diffusione di un virus molto più insidioso del corona virus, vi è anche la paura dell’Europa ad accogliere i sopravvissuti che secondo i dati dell’Oim, l’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni sono ad oggi oltre 13mila al confine tra Turchia e Grecia (ma anche Bulgaria), tra essi donne e bambini costretti a vivere in condizioni indicibili. Ma com’è ben noto da sempre la guerra è anche guerra delle cifre, per cui la Turchia che vuole l’appoggio europeo nelle sue operazioni in Siria annuncia un esodo di milioni di persone, utilizzando una popolazione allo sbando per esercitare pressione politica. Intanto si scatenano i peggiori istinti, come abbiamo visto in Grecia dove gommoni di fortuna, tentando un difficile approdo, sono stati respinti con violenza e dove un centro per l’accoglienza dei migranti è stato incendiato. Inoltre, alcuni gruppi di abitanti di Lesbo hanno rivolto insulti e percosso i giornalisti, i fotoreporter e il personale dell’Unhcr, lanciando sassi contro un pullman della polizia, in un clima di estrema tensione tra Turchia e Grecia che si accusano reciprocamente della situazione venutasi a creare.

 Amnesty International in un suo comunicato parla di crimini di guerra. «Le scuole dovrebbero essere luoghi sicuri dove i bambini possono imparare e giocare, anche in una zona di conflitto. Colpire scuole e asili usati per scopi civili è un crimine di guerra», ha dichiarato Heba Morayef, direttrice di A.I. per il Medio Oriente e l’Africa del Nord, dopo il bombardamento di 10 scuole nelle province siriane di Idlib e Aleppo.» Non di migliore auspicio è la situazione della vicina Libia dopo la richiesta dell’inviato delle Nazioni Unite, Ghassan Salamé, di essere rimosso dal suo incarico per motivi di salute, poiché ciò rischia di compromettere i già fragilissimi tentativi di trovare un accordo di pace tra le diverse forze e milizie impegnate in una guerra senza fine. Anche in Libia come in Siria, gli interessi politici internazionali bloccano ogni tentativo di pacificare questi Paesi, teatro di rivalità regionali e internazionali che hanno poco da spartire con gli interessi dei popoli e delle nazioni.

A completare questo quadro sconfortante della situazione, l’annullamento a Tunisi delle manifestazioni culturali italiane, pillola luminosa in questa primavera del mondo, che tarda sempre di più ad annunciarsi.

 



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